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MADDALONI- Una buona notizia e due progetti. La guerra per il “teatro Alambra” è finita. Con oltre 114 anni di vita e alle spalle un’attività ininterrotta durata oltre un secolo, la vasta sala, i camerini e il palcoscenico (calcato da star teatrali di prima grandezza da Totò a Gabriele Lavia) non possono diventare un centro commerciale. Irreversibile la bocciatura regionale: la grande distribuzione non può insediarsi su corso I Ottobre «per assenza di parcheggi autonomi e strutture o piattaforme per la sosta a norma, organizzate e autorizzate». Bocciate pertanto anche le modifiche possibili allo Strumento integrato per l’apparato distributivo (Siad). Viste le direttive urbanistiche, dopo 10 anni di inutili scontri, l’Alambra è destinato a rimanere un teatro. Anche se, a seguito di aste giudiziarie e passaggi di proprietà è diventato un contenitore vuoto: senza platea, senza pavimento agibile, senza idoneità. Due i progetti in campo per il possibile e inevitabile recupero. Il primo è di Mario Barbato, geometra ved ex amministratore, basato sull’idea di esproprio parziale o di project financing. Il secondo è del Pd che propone un “acquisto per pubblica utilità”. “Eravamo stati tacciati -spiega- di pedanteria cavillosa invece è la Regione che ha messo la parola fine». Quello che non hanno potuto fare i privati da soli può farlo solo il comune.  Pianificato una scambio alla pari. «Lo strumento –conclude Barbato- è un project financing: l’ente locale salva l’unica sala teatro ancora esistente sul territorio. In cambio, può concedere incentivi sulla restante parte residenziale dello stabile che può rimanere». Il comune è diventato l’arbitro dei destini dell’ultimo teatro restato sul territorio. Grazie al redigendo Puc, al Comune ritornerebbe il palcoscenico e agli imprenditori sarebbe concessa la «ristrutturazione con cambio di destinazione» ma limitata ai piani superiori. L’altra idea la divulga Gaetano Correra (Pd). L’«Alambra va recuperato rendendolo pubblico». «E’ indubbio –spiega Correra- che, pur rispettando i diritti dei privati, solo il comune può rilevare la struttura. Solo l’ente locale può gestirla per restituirla alla sua vocazione originaria e alla sua incancellabile funzione pubblica: teatro, platea, luogo di aggregazione, spazio per assemblee». Scartata l’ipotesi dell’esproprio, perché non fattibile in quanto lo stabile non è vincolato alla sua destinazione d’uso se non sulla base di indicazioni urbanistiche, il Pd lancia un «progetto serio fondato sull’offerta, tecnicamente documenta sul valore immobiliare dello stabile e ancorata ai parametri dei mercati, che permetta la comune di diventare il proprietario dello stabile».

Redazione