00 3 min 6 anni


Abbiamo atteso con una certa ansia il tanto reclamizzato film sulla vita e la storia di Fabrizio De André.
Inutile negare che per intere generazioni De André è stato un mito; rappresentava tutto quello che avevamo dentro, la rivolta e l’anarchia, la poesia e l’immaginazione al potere, l’ironia e il sarcasmo, la vita spericolata. Ebbene ci hanno ammanito un film dove De Andrè brillava solo per il suo alcoolismo
smisurato, i pacchetti di sigarette fumate e la storia d’amore e di letto con Dori Ghezzi.
Ci hanno tradito, hanno tradito la storia e la memoria del guerriero che procedette sempre in direzione ostinata e contraria,come ha voluto battezzare la raccolta “platinum” dei suoi dischi.
Non una parola sul suo antimilitarismo militante, sull’anarchismo umano e non violento che lo portò ad aderire alle rivolte universitarie antisistema e a scrivere l’ironico album “Storia di un impiegato e di una bomba”, niente, nemmeno sulla sua difesa delle minoranze etniche che lo portò a cantare “Fiume
Sand Creek” sullo sterminio degli indiani d’America in tempi di Wild West trionfante. Ma la cosa più grave è sicuramente il tralasciare lo sforzo che Faber fece di recuperare ballate antiche, addirittura medievali, di
tradurre e cantare i grandi chansonniers francesi e canadesi soprattutto sono stati praticamente passati sotto silenzio i due grandiosi album “Non al danaro, non all’amore né al cielo” ripresa dal capolavoro
di E.Lee Masters, con i tanti ritratti di americani del profondo Sud e “La buona novella” riscrittura poetica e dolente dei Vangeli apocrifi, con una ritratto di Madonna umanizzata e vicina. E non mi è piaciuto che nemmeno un cenno sia stato fatto alla sua amicizia e vicinanza a don Andrea Gallo, prete di strada, apostolo
della ”Gente del porto” a cui Faber è stato sempre vicino anche economicamente.
Mi piace ricordare il grande cantautore e poeta come’ lo definì F. Pivano con i versi di Jones il suonatore tratti proprio dall’album “Non al danaro, non all’amore né al cielo”.
”In un vortice di polvere gli altri vedevan siccità, a lui ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa. Finì con i campi alle ortiche finì con un flauto spezzato, un ridere rauco e ricordi tanti, ma nemmeno un rimpianto”
Dormi in pace Faber, non saranno i tromboni della RAI a disturbare i tuoi sogni sulla Collina degli stivali,
dove dormono per l’eterno gli abitanti di Spoon River.
Prof. Michele Vigliotti – Già rettore del Convitto Nazionale G. Bruno.
 

bocchetti