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E’ stato un autentico genio della musica italiana capace di compiere un percorso artistico e culturale unico nel panorama italiano. La musica, e l’arte in generale, piangono la scomparsa di Franco Battiato, il celebre cantautore siciliano venuto a mancare nelle prime ore della mattinata nella sua casa di Milo, piccolo paesino in provincia di Catania. Aveva 76 anni ed era da tempo malato e dopo la frattura al femore e al bacino del 2017 non era più riapparso in pubblico. Franco Battiato è stato in assoluto il cantautore senza etichette che ha spaziato dal pop alla lirica, dall’elettronica alla sinfonica. Un percorso straordinario che ha consegnato agli annali della musica italiana autentiche perle come “Centro di gravità permanente”, “Voglio vederti danzare”, “Cuccurucucu” e soprattutto “La cura”, brano simbolo di una carriera inimitabile. Proprio in questo periodo si stanno celebrano i 40 anni de “La Voce del Padrone”, album pubblicato nel 1981, primo LP italiano a superare il milione di copie. Fu il disco che consacrò definitivamente il genio di Battiato. Un album semplicemente innovativo e sorprendente tra echi di punk e new wave e l’uso di strumenti come vibrafono, organo, archi e sintonizzatore. Ha diretto anche diversi film tra cui “Perdutoamor” e “Musikante” su Ludwig Van Beethoven presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Arrivò a Milano dalla natia Sicilia alla fine degli anni Sessanta ed iniziò a sperimentare tra arte, editoria e primi approcci con la musica. “L’era del cinghiale bianco”, sembrava tutt’altro che popolare, ma era un gioiello, delicato e suggestivo, intrigante, ipnotico, capace di indicare una strada nuova percorsi che la nostra canzone non aveva mai battuto. 

Franco Battiato ai tempi di “Centro di gravità permanente”

Il successo clamoroso de “La Voce del Padrone” travolse anche lui che cercò strade più intime per continuare il suo percorso musicale. Il tono si fece più dolente, riflessivo, ma sempre più prezioso, e furono “E ti vengo a cercare”, “L’oceano di silenzio” fino alla inarrivabile “La cura”, tutti pezzi che possedevano l’insondabile ambiguità del doppio significato, rivolti ad amori terreni, così come a pensieri astratti, celesti, spirituali. Quando parliamo di Franco Battiato non dobbiamo dimenticare il suo essere anche pigmalione con artiste come Alice e la coltissima collaborazione con Milva. Battiato, seppur con dosi contenutissime, non ha mai snobbato il Festival di Sanremo a testimonianza del suo saper spaziare in tutti i campi dove si facesse musica. Il suo primo contatto con il Festival risale al 1967 quando, con Giorgio Gaber, scrive “…e allora dai!”. Un Sanremo lo ha anche vinto come autore proprio di Alice, nel 1981, con “Per Elisa” Alla 49ª edizione del Festival portò all’Ariston “Shock in my town”, “Il mantello” e “La spiga e vite parallele” come ospite fuori gara.

La sua ultima partecipazione al Festival di Sanremo risale al 2011 quando, accettando l’invito dell’amico Gianni Morandi, portò “L’alieno” nella doppia veste di partecipante, insieme a Luca Madonia, e direttore d’orchestra. La partecipazione si chiuse con un quinto posto. Un titolo che potrebbe essere una sorta di carta di identità. In fondo Battiato è stato un pochino l’alieno della nostra scena musicale. Il cantautore siciliano era presente anche all’ultima edizione del Festival quando Colapesce e Dimartino hanno portato “Povera patria” nella serata delle cover con un suo cameo in voce registrata. La sua ultima scoperta festivaliera è stata quella di Giovanni Caccamo, siciliano di Modica, vincitore tra le Nuove Proposte nel 2015. Legatissimo alla moglie Grazia, scomparsa nel 1994, non è mai stato un personaggio mondano, preferendo la solitudine del suo eremo di Milo alle pendici dell’Etna. Avanguardia, fusion e interminabile ricerca. Con Franco Battiato perdiamo un punto di riferimento della nostra cultura capace di lasciare tracce indelebili.   

Vincenzo Lombardi