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Tra i molteplici doveri di un giornalista rientra quello del “fare critica”, termine quest’ultimo che viene spesso erroneamente inteso nella sua accezione negativa

Il dizionario definisce la critica “l’attività del pensiero impegnata nell’interpretazione e nella valutazione del fatto”, o “coloro che, a un livello professionale, cercano di pervenire a un giudizio in materia culturale”. Quando la critica è costruttiva, oggettiva e fondata su fatti concreti, assolve dunque ad una funzione professionale. Quando è di parte, fatta per partito preso, il professionista viene meno a un suo dovere. Traslando la questione all’ambiente Napoli, criticare Gennaro Gattuso per qualunque cosa accade all’ombra del Vesuvio diventa pretestuoso.

Come accusarlo di far giocare Maksimovic pur costretto, non avendo disponibili Koulibaly e Manolas; non sostituire Koulibaly ammonito contro il Benevento per far entrare il sempre criticato difensore serbo; non far giocare Ghoulam quando il 99% degli addetti ai lavori voleva una sua cessione nel mercato invernale sperando nell’arrivo di Emerson Palmieri e così via. Criticare Gattuso per non essere riuscito a dare al Napoli in un anno e mezzo un gioco, un’identità, un’ossatura, una continuità di prestazioni e risultati o per aver gestito male rosa e turn over è cosa buona e giusta. Finché la critica faziosa è mossa dai tifosi è accettabile: il tifoso è tale in quanto irrazionale e istintivo. Quando è esercitata dai giornalisti c’è qualcosa che non funziona. È come se si aspirasse a diventare “influencer dell’informazione”, assecondando il pensiero popolare sacrificando quello personale presumibilmente impopolare.

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Uno degli argomenti di discussione degli ultimi giorni è stato Lorenzo Insigne

La sua rabbia post Sassuolo-Napoli nei confronti dei compagni di squadra con annessa frase poco elegante, ha diviso l’opinione pubblica. Da un lato i sostenitori del capitano azzurro, di cui è stato condiviso lo stato d’animo per i due punti buttati nel finale di gara. “Il Napoli meritava di perdere, Insigne no” è stato detto, dimenticando che nel calcio si vince e si perde in 11; dall’altro chi lo ha criticato per il suo atteggiamento non da leader, ricordandogli che in passato di errori, anche decisivi, ne ha commessi e che certe discussioni si fanno nello spogliatoio.

La migliore risposta a quel gesto Insigne l’ha data ieri contro il Bologna. Un’altra grande prestazione come tante in questa stagione, due gol che mantengono ancora in corsa il Napoli per il quarto posto e che lo portano ad essere il sesto miglior marcatore della storia azzurra. Numeri impressionanti per un attaccante esterno, destinato tuttavia a essere sempre divisivo, nel bene e nel male.

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Luigi Ottobre