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Il Napoli si toglie lo sfizio di fermare la rincorsa scudetto della Juventus, infliggendo ai bianconeri una sconfitta che potrebbe risultate decisiva per le sorti tricolore. Gattuso continua a togliersi sassolini dalle scarpe, ADL medita

C’è un’immagine che induce a riflessioni in tutto il suo insieme, senza lasciare nulla al caso facendosi prendere dal momento. Perché potrebbe trattarsi anche di un déjà-vu del quale si conosce già il finale. L’abbraccio tra la squadra e il suo allenatore dopo la grande vittoria – nel risultato e nel morale – sulla Juventus, fa pensare che le voci che parlavano di uno spogliatoio non del tutto accanto al suo allenatore fossero solo dicerie. Al Diego Armando Maradona, il Napoli s’è messo l’elmetto, come spesso invocato da Rino Gattuso, calandosi nei panni della sofferenza.

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Una squadra che arriva da settimane travagliate tra prestazioni e risultati insufficienti, infortuni, Covid e tecnico appeso a un filo, non avrebbe potuto mostrare tanto sacrificio nell’affrontare avversari posti su un piano psico-fisico diametralmente opposto. In piena rincorsa alle milanesi e fresca finalista di Coppa Italia, dopo aver eliminato la sportivamente odiata Inter. Al diavolo la bellezza, conosciuta e poi perduta. Non è tempo di andare alla ricerca del gioco: meglio badare al sodo, per lanciare un chiaro e preciso messaggio al campionato e, perché no, all’intera stagione. Il Napoli c’è ancora e se vuole sa lottare. Nulla è ancora perduto e per i conti c’è ancora tempo.

Ma di abbracci a Napoli se ne sono già visti, poco più di un anno fa. Quando s’incominciarono a intravedere le prime difficoltà di una stagione nata sotto i migliori auspici e poi andata a male

Quel gesto di Insigne e compagni a Carlo Ancelotti non impedì l’inevitabile: l’esonero dell’allenatore, sostituito da quello che oggi vive più o meno una situazione simile. Sul gesto De Laurentiis medita, così come tutto l’ambiente partenopeo: episodio isolato o svolta della stagione? È quello che tutti, presidente azzurro in testa, cercano di capire. Mentre il patron continua a sondare allenatori futuri o per la stagione in corso, trovandosi vittima di una sua stessa azione. Da un lato l’impulso di sostituire Gattuso, dall’altro la difficoltà a trovare traghettatori e subentranti. Dall’altro ancora una squadra che lancia segnali di un tutt’uno con il proprio allenatore. Chissà se gli sta balenando l’idea di ricucire il rapporto e riprendere quel contratto conservato in un cassetto romano della Filmauro quando il quarto posto – e forse il terzo – sono a portata di mano. E c’è un Europa League da giocare, altra strada da provare a percorrere nell’attesa e speranza di recuperare giocatori e energie.

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In una sola serata il Napoli si è tolto la soddisfazione di fermare la rincorsa scudetto della Juventus, che potrebbe perdere punti decisivi a vantaggio dell’Inter. Gattuso si è tolto altri sassolini dalle scarpe, rivendicando il diritto di giocarsela con una squadra al completo e di essere giudicato come allenatore e non come uomo. Perché può piacere o meno come tecnico, ma come persona a Napoli ce ne vorrebbero altri come lui. Se il match di ieri sarà la svolta positiva che può cambiare il destino di squadra e allenatore o l’ennesimo up di una stagione altalenante ce lo diranno le prossime gare. Tra azzurri e bianconeri c’è ancora una gara da giocare, la famosa gara d’andata non disputata per l’intervento delle Asl campane. Potrebbe risultare decisiva per gli obiettivi di entrambe.

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Luigi Ottobre