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Inconsciamente è stata l’ultima mandrakata di Gigi Proietti. Nascere e morire lo stesso giorno. L’Italia intera si apprestava a festeggiare l’ottantesimo compleanno del Maestro quando, nonostante la grande riservatezza della famiglia, il grande attore entrava in condizioni cardiache gravissime nella clinica “Villa Margherita” di Roma. Nascere e morire lo stesso giorno: il destino atroce quanto originale che accumuna Gigi Proietti a William Shakespeare. Il grande scrittore e drammaturgo inglese, infatti, nacque il 23 aprile 1564 e mori lo stesso giorno del 1616. Non è un caso, non può esserlo. Proietti da vissuto gran parte della sua straordinaria carriera a valorizzare e divulgare il teatro shakespeariano con il progetto del Globe Theatre di Roma, una struttura meticolosamente riprodotta come quella dove videro la luce le prime rappresentazioni del celebre autore inglese. Entrambi sono stati uomini del popolo, vicini alla gente, alle loro espressioni. Incredibile come William Shakespeare e Gigi Proietti abbiano avuto più di un legame in comune. Famoso per le sue opere drammatiche, lo scrittore inglese fece della sua inesauribile vena creativa lo spunto per numerose commistioni comiche ma sempre di grande spessore e di profonda complessità in cui la dimensione della problematicità viene in diversi casi accentuata attraverso una modalità “dark comic” che fa della commedia di Shakespeare un raffinato strumento di riflessione critica. La scomparsa del mattatore, intanto, continua a tenere banco dalla TV al web, passando per i social. Profondo e toccante il ricordo di Vincenzo Salemme, altro mostro del palcoscenico ed erede di quella scuola napoletana tanto cara a Proietti.

Gigi Proietti al Festival del Cinema di Roma nel 2018

Caro Gigi – esordisce Salemme in una lettera rivolta all’amico-collega – ti scrivo qualche riga quando ancora non so se sarà consentito venire a darti l’ultimo saluto. Non ti vedevo da un anno. In una trasmissione televisiva mi avevi raccontato la tua volontà di prendere in gestione un teatro. E volevi farlo insieme a me. Per me sarebbe stata un’avventura entusiasmante. Fare teatro accanto al più luminoso dei Giullari. Sei quello che meglio di tutti ha saputo spazzare via quelle stupide etichette dei tempi moderni, che dividono gli artisti in “alti” e “bassi”, profondi e superficiali, popolari e di élite…Avevi un rapporto con il pubblico che non era mai falso, manifestavi ciò che eri. Perché un attore, prima di tutto, deve essere onesto. Questa è l’etica di un vero attore. Tu ogni volta facevi un patto con il pubblico: facciamo finta che io sia… E così diventavi re Lear o Mandrake, un cantante maestoso o un menestrello, raccontavi una barzelletta o recitavi un sonetto del Belli. Il pubblico, con te, non era mai passivo, era essenziale, non ti guardava dal buco della serratura come accade nei reality, era in teatro con te e sceglieva il luogo con te, viveva il racconto con te. Avevi una quantità infinita di talento e, grazie al cielo, ce ne hai fatto dono. Di solito – conclude Vincenzo Salemme – non mi piace usare il termine popolo a sproposito ma nel tuo caso è giusto e doveroso dire che il popolo te ne sarà grato per sempre e non ti dimenticherà mai. Perché se Attore è anagramma di Teatro, tu ne sei stato l’esempio più nobile.

Vincenzo Lombardi