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La solidarietà olimpica compie 60 anni. Nata da un’idea dell’atleta e official francese, il conte Jean de Beaumont, nei primi anni ’60, essa si sta dimostrando ancora più essenziale oggi, assistendo i Comitati Olimpici Nazionali di tutto il mondo mentre affrontano gli impatti del Covid-19 e supportando direttamente gli atleti in modo che possano proseguire la propria preparazione, compresi gli atleti rifugiati titolari di borse di studio che costituiranno la squadra olimpica dei rifugiati, sotto l’egida del CIO, ai Giochi di Tokyo 2020 del prossimo anno.

 

Nel 1960 un terribile terremoto in Cile causò migliaia di vittime e il movimento sportivo reagì con un un’ondata di solidarietà. Ad esempio, il Comitato Olimpico francese coprì le spese di viaggio degli atleti cileni che parteciparono ai i Giochi Olimpici di Roma mentre il CONI finanziò il loro soggiorno nella Capitale.
Nello stesso periodo, nacquero dozzine di nuovi NOC in Africa e Asia in paesi che avevano recentemente ottenuto l’indipendenza.
Tutto ciò spinse il conte Jean de Beaumont a promuovere la creazione di un’organizzazione che assistesse i Comitati Olimpici bisognosi e ciò portò alla nascita della Solidarietà Olimpica.

Parlando alla 58a sessione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) che si svolse ad Atene nel 1961, Beaumont disse ai membri CIO che era necessario fornire un sostegno finanziario a quei Paesi bisognosi e propose di istituire una commissione.
L’anno successivo, nella Sessione di Mosca, costituì quindi il Comitato per l’Aiuto Olimpico Internazionale. Tuttavia, i lenti progressi e la mancanza di risorse finanziarie ostacolarono l’attuazione dei programmi.

L’idea riprese un nuovo slancio all’inizio del 1969, nel corso dell’Assemblea Permanente dei NOC, in cui fu lanciato il progetto di creare “un programma di assistenza tecnica e sportiva” per i Comitati Olimpici, contribuendo così allo sviluppo di quelli che ne avevano più bisogno.

E l’Italia fu ancora una volta in prima linea. E così il 26 aprile 1969, Giulio Onesti, membro CIO e Presidente del CONI che presiedeva quell’Assemblea generale, Raymond Gafner, Presidente del NOC svizzero, e Raoul Mollet, Presidente del NOC belga, fondarono l’International Institute for the Development of NOCs.
Due anni dopo, questo Istituto e il Comitato per l’Aiuto Olimpico Internazionale si fusero per dare vita a un organismo congiunto CIO/NOC che prese il nome di Comitato per la Solidarietà Olimpica.

Questo senso di solidarietà continuò a crescere all’interno del Movimento Olimpico durante gli anni ’70, ma la mancanza di adeguati strumenti finanziari ne rallentarono nuovamente lo sviluppo.
Nonostante ciò, nel 1976 c’erano già 371 progetti in cantiere che fornivano assistenza a 85 Paesi, con la collaborazione di 98 NOC, alcuni dei quali erano essi stessi dei donatori.

 

Una tappa decisiva per lo sviluppo della Solidarietà Olimpica fu vissuta nel 1979 a Porto Rico, nel corso dell’assemblea costitutiva dell’Associazione dei Comitati Olimpici Nazionali (ANOC). Un gruppo di lavoro composto da Peter Ritter (Liechtenstein), Günther Heinze (Repubblica democratica tedesca), Gafner e Mollet, fu incaricato di formulare una proposta affinché il CIO distribuisse il 20% delle entrate derivanti dai diritti televisivi all’ANOC. Proposta che il Presidente dell’ANOC, Mario Vázquez Raña, presentò al Presidente del CIO Lord Killanin.

Un altro momento fondamentale fu poi vissuto nel 1980, quando Juan Antonio Samaranch assunse la guida del Comitato Olimpico Internazionale. La sua visione, la sua sensibilità e la sua determinazione nel trovare una soluzione che soddisfacesse le esigenze dei NOC furono pienamente in linea con la posizione dell’ANOC.

E così, al Congresso Olimpico di Baden-Baden (Germania) nel settembre 1981, il CIO concesse per la prima volta all’ANOC un sussidio per le sue operazioni e Samaranch e Vázquez Raña istituirono la Commissione di Solidarietà Olimpica, la cui missione era di servire gli interessi e bisogni dei NOC.
Due anni dopo Anselmo López divenne il primo direttore a tempo pieno della Solidarietà Olimpica e implementò la struttura per sviluppare attività a sostegno dei NOC.
L’aumento delle entrate dai diritti televisivi e dal marketing dei Giochi in generale registrato dopo Los Angeles 1984, rese possibile il passaggio da una sovvenzione generale a una struttura di gestione che soddisfaceva i criteri del CIO.
Furono quindi sviluppati significativi programmi di assistenza ai Comitati, come parte dei piani quadriennali e nel 1992, in occasione dei Giochi Olimpici di Barcellona, furono istituite le borse di studio per gli atleti.
Un ulteriore passo è stato fatto nel 2001, quando è stato avviato un processo per decentralizzare i fondi alle Associazioni Continentali in modo che potessero decidere dove stanziare le risorse finanziarie, garantendo una maggiore attenzione alle esigenze specifiche dei NOC. Il 2001 è stato anche l’anno in cui Jacques Rogge, presidente di lunga data dei Comitati olimpici europei (EOC) e membro attivo della Commissione di solidarietà olimpica dal 1990, diventò il nuovo Presidente del CIO.

Alla guida del Comitato, Rogge continuò il processo di decentralizzazione, nominò Vázquez Raña Presidente della Commissione di Solidarietà Olimpica, che fu rivista, e implementatò un piano quadriennale per il 2001-2004, in cui il 40% dei fondi di sviluppo i fondi fu assegnato all’ANOC e alle Associazioni continentali.

Tra i tanti atleti dei cinque i continenti che hanno beneficiato di una borsa di studio olimpica nel corso degli anni c’è la croata Janica Kostelić, che ha poi vinto sei medaglie olimpiche nello sci alpino, tra cui tre ori a Salt Lake City 2002 e uno a Torino 2006, e il tennista cipriota Marcos Baghdatis, che ha partecipato a due edizioni dei Giochi estivi e nel 2006 ha raggiunto l’ottava posizione del ranking mondiale. In vista dei Giochi di Tokyo più di 1.600 atleti di 185 NOC stanno beneficiando del sostegno della solidarietà olimpica.

 

L’attuale budget di sviluppo e assistenza, approvato dalla Commissione per la solidarietà olimpica per il piano 2017-2020, ammonta a 509.285.000 dollari, una cifra che corrisponde alla quota spettante ai NOC dei diritti di trasmissione dei Giochi Olimpici di Rio 2016 e PyeongChang 2018.
La Solidarietà Olimpica distribuisce questi contributi attraverso tre programmi di cui beneficiano tutti i Comitati riconosciuti dal CIO: i Programmi mondiali, che coprono e rafforzano l’assistenza per tutte le aree di sviluppo sportivo, i Programmi continentali, che contribuiscono a soddisfare le esigenze specifiche di ogni continente e i Sussidi CIO ai NOC per la partecipazione ai Giochi.

 

Quest’anno la pandemia da Covid-19 ha ulteriormente evidenziato l’importanza del ruolo della Solidarietà olimpica che ha adattato i programmi alla particolare situazione che impatta anche sullo sport mondiale che ha portato il CIO a posticipare le Olimpiadi giapponesi. Sono state adottate quindi una serie di misure in modo che i programmi legati ai preparativi e alla partecipazione dei Giochi olimpici fossero estesi al 2021, comprese le borse di studio per gli atleti di Tokyo 2020, l’assistenza per gli sport di squadra, il sostegno agli atleti rifugiati e i sussidi CIO per la partecipazione ai Giochi Olimpici. Come ha detto il Presidente del CIO Thomas Bach: “Il Movimento Olimpico sta affrontando una sfida senza precedenti. Il CIO deve organizzare per la prima volta in assoluto un’edizione di Giochi Olimpici posticipati e deve aiutare i suoi stakeholder a superare questa crisi globale. Questa nuova situazione richiederà tutta la nostra solidarietà, creatività, determinazione e flessibilità. Tutti dovremo fare sacrifici e compromessi perché circostanze straordinarie richiedono misure straordinarie. Ognuno di noi deve fare la propria parte e questo vale per tutti, anche per il CIO. Siamo lieti di poter essere d’aiuto con i nostri programmi di supporto”.

In merito al programma rifugiati, il CIO si è impegnato per aiutare i potenziali atleti d’élite e ai NOC di tutto il mondo ha chiesto di identificare gli atleti rifugiati con il potenziale per qualificarsi per i Giochi Olimpici di Rio 2016. Questi candidati hanno quindi ricevuto finanziamenti dalla Solidarietà Olimpica per preparare la propria qualificazione ai Giochi e in 10 sono stati selezionati per formare la prima squadra olimpica di rifugiati che ha preso parte a Rio 2016 gareggiando sotto la bandiera del CIO: un simbolo di speranza per i rifugiati in tutto il mondo e uno strumento per rivolgere l’attenzione globale sul tema.
La squadra olimpica dei rifugiati per Tokyo 2020 è nata dal lascito della squadra di Rio. Attraverso le borse di studio, la Solidarietà Olimpica e i NOC gli atleti rifugiati possono non soltanto allenarsi con l’obiettivo di qualificarsi per i Giochi Olimpici di Tokyo 2020, ma hanno l’opportunità di continuare la loro carriera sportiva e costruire il loro futuro. La Solidarietà Olimpica supporta attualmente 50 atleti titolari di borse di studio provenienti da 18 Paesi ospitanti – dall’Australia al Kenya, dall’Europa agli Stati Uniti – e in rappresentanza di 11 sport: atletica, lotta, judo, taekwondo, ciclismo, nuoto, badminton, boxe, shooting, karate e sollevamento pesi.

Fonte: Ufficio Stampa Coni

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