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ROMA. Cinque anni di reclusione. E’ quanto rischia Pietro Genovese a
causa della richiesta del Pm davanti al Gup Gaspare Sturzo
(originariamente di 7 anni e 6 mesi, poi ridotta di un terzo per rito
abbreviato). Il giovane, figlio del noto regista Paolo Genovese, stava
viaggiando a 90km/h quando investì ed uccise sul colpo Gaia Von Freymann
e Camilla Romagnoli, nella notte del 22 dicembre del 2019, sul lungo
corso Francia, a Roma. Il conducente sta affrontando il rito abbreviato
che prevede altre tre udienze: 16 ottobre (le restanti parti civili), 23
ottobre (arringhe dei difensori dell’imputato) e 30 ottobre
(controrepliche e sentenza definitiva).
A spiegare quanto avvenuto preso il Tribunale di Roma è l’avvocato
dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Onlus
(costituitasi parte civile), Walter Rapattoni: “L’intervento di Pietro
Genovese è stato spontaneo. Ha affermato di essere dispiaciuto per aver
spezzato la vita delle due ragazze e rovinato la sua, insistendo, però,
sul fatto di non averle viste attraversare la strada e sull’essersi
fermato non appena ha sentito il rumore dell’impatto. Bisogna capire se
la sua è strategia difensiva o un vero pentimento, tuttavia parliamo di
uno stato psicofisico alterato alla guida (sopra lo 0,9) per un
neopatentato con 0 punti sulla patente, perché negli ultimi 18 mesi
aveva commesso 4 infrazioni gravi. Inoltre, il conducente, a quanto
acclarato dalla polizia postale, ha eseguito delle attività su What’s
App per un totale di 10 in meno di 7 minuti. Al momento dell’impatto,
Genovese aveva azzardato un sorpasso. Tempo prima dell’incidente di
Corso Francia, il giovane aveva già distrutto la sua vettura impattando
contro un palo (per un totale di 20mila euro di danni) ed era stato
segnalato dalle forze dell’ordine per detenzione di hashish. La
requisitoria del pm, i cui accertamenti sono stati condotti sulle
perizie della Procura, ha fatto trapelare un concorso in responsabilità,
non avendo, a suo parere, le ragazze attraversato la strada sulle
strisce pedonali. Questa circostanza è contestata dalle parti civili dei
familiari. Praticamente sarebbe un attenuante per la non esclusiva
responsabilità nell’evento. Tale fattore non solo ridurrebbe la pena
all’imputato (poiché si andrebbero a compensare aggravante con
l’attenuante), ma comporterebbe una riduzione del risarcimento per le
famiglie. Non siamo qui per chiedere vendetta, ma giustizia e sicurezza.
L’associazione si batte da più di 20 anni ed ha avuto un ruolo
importante nella legge sull’omicidio stradale. Vogliamo che nessuno
pianga altre vittime della strada”.
“Cinque anni ci sembrano davvero pochi – chiosa il presidente
dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Onlus,
Alberto Pallotti -. Siamo indignati perché questo ragazzo non ha mai
chiesto scusa ai genitori delle vittime, ma ha usato parole di
circostanza in assise pubblica per evitare una pena maggiore. Siamo di
fronte all’ennesima dimostrazione che in Italia, nonostante il reato di
omicidio stradale, la gente continua ad uccidere persone innocenti e a
farla franca. Siamo pronti a collaborare affinché si porti più rispetto
alle vittime dei reati: con questo sistema le cose non vanno bene.”.
”Sia il patteggiamento che il rito abbreviato rappresentano una beffa
per le famiglie che soffrono: entrambe le procedure vanno a discapito le
vittime della strada – continua il leader associativo -. Nessun
familiare avrà mai giustizia e la condanna per i colpevoli sarà sempre
ridimensionata di gravità. Non dimentichiamoci che sono morte due
ragazze di 16 anni e il tribunale deve avere rispetto di chi non può più
difendersi. Il paradosso è che, grazie al tempo già trascorso ai
domiciliari ed ai servizi sociali che vengono costantemente accordati
nei processi italiani, Genovese potrebbe non trascorrere alcun giorno in
carcere. La vergogna nella vergogna”.
Pallotti rimarca il ruolo che l’A.I.F.V.S. Onlus intende ricoprire nelle
logiche processuali: “Noi saremo sempre dalla parte delle vittime e
siamo pronti a contestare i verdetti che per noi non sono giusti,
ovviamente nei limiti che la legge stabilisce. Ci auguriamo pene severe
per chi commette un omicidio stradale. Facciamo un appello al Ministro
Alfonso Bonafede ed al Sottosegretario di Stato, Vittorio Ferraresi,
affinché si modifichi al più presto il testo della legge sull’omicidio
stradale, come ribadito anche alla presenza di Ferraresi in incontro
tenutosi lo scorso mese di luglio, presso il palazzo di giustizia di
Roma”.

Redazione