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Estate 1992. Ventotto anni fa. Uno dei periodi più drammatici e difficili della nostra vita. L’Italia di bombe e tritolo a Falcone e Borsellino e dell’incubo terrorismo che torna ad impadronirsi della nostra quotidianità. Il 1992 sarà un anno carico di avvenimenti e personaggi. Si parte dall’Europa Unita sancita con il Trattato di Maastricht ma, in ogni ambito troveremo un qualcosa di rivoluzionario. La televisione, per esempio, scopre quelli che saranno due “colonnelli” di lungo corso. Maria De Filippi e Fiorello iniziano la loro inesorabile e mai doma scalata al successo. La conduttrice esordisce con la prima puntata in assoluto di “Amici” che all’epoca era solo un talk show dove i ragazzi si confrontavano su problemi e rapporti con il mondo dei grandi. Con le sue giacche sgargianti e l’inconfondibile codino, Rosario Fiorello da Catania, inizia a riempire le piazze italiane (dopo un inizio praticamente anonimo) con il “Karaoke”. Gente comune che sale sul palco per cantare canzoni di successo. In pratica il villaggio turistico portato in TV. Quel 1992 ci porta anche veri e propri eventi consegnati alla storia: in Italia scoppia Tangentopoli con la prima clamorosa tangente di sette miliardi accusata a Mario Chiesa, direttore del Pio Albergo Trivulzio. A Barcellona si inaugura la 25ma Olimpiade. Una città stravolta da strutture di nuove generazione e da un’organizzazione impeccabile. Il “Dream Team” di basket USA (Jordan, Magic Johnson, Bird, Barkley, Pippen…), rivoluzionerà il mondo. In uno scantinato di Pavia, provincia lombarda, invece, con settantamila abitanti, due ragazzi conosciutesi sui banchi di scuola, sognano di fuggire via “Con un Deca” in tasca e tanti progetti a stelle e strisce nel cassetto. Intanto vivono in un mondo tutto loro fatto di fumetti, canzoni, nuove sonorità musicali e slang giovanile che esce dal classico pop italiano. Quella cantina di Pavia è la loro Hollywood. Ci stanno provando già da un po’ di tempo a cambiare il destino, hanno fatto qualche comparsata con il nome “I Pop” ed aspettano l’occasione giusta. L’idea del successo a tutti i costi non li stressa, in fondo la sala giochi, il “Bar del Turista” con gli amici e le vasche in centro la domenica pomeriggio rappresentano già un universo. Piccolo ma da salvaguardare. L’occasione arriva quasi inattesa e si manifesta nel migliore dei modi possibili, attraverso il “Re Mida” per eccellenza della discografia italiana: Claudio Cecchetto. Un provino in cassetta di quei due ragazzi arriva nelle mani del direttore artistico di Radio Deejay.

Mauro Repetto e Max Pezzali con il mitico Telegatto

Due incontri, i primi consigli preziosi di una vecchia volpe del mercato e la vita di due ex amici di scuola viene letteralmente stravolta. Arriva un contratto con la Warner. Tutto bellissimo? Non proprio: bisogna realizzare un certo numero di canzoni per non incappare in una penale salatissima. Come si dice in questi casi: nulla sarà più come prima. Quei due ragazzi si chiamano Max Pezzali e Mauro Repetto, all’epoca rispettivamente 25 e 24 anni. La vita li porterà a percorrere binari molto diversi ma il loro posto nella storia rimane ben saldo. Anzi, quelle canzoni scritte a quattro mani hanno cresciuto quasi tre generazioni.Max e Mauro alla vigilia del loro debutto scelgono il nome “883”, il modello base dell’Harley Davidson, il sogno impossibile di tanti adolescenti. La canzone d’esordio è uno dei casi più clamorosi che la discografia italiana abbia mai riscontrato negli ultimi trent’anni. Il titolo, da solo, crea già dipendenza: “Hanno Ucciso l’Uomo Ragno”. La scrittura di Repetto sarà fondamentale per tracciare i clamorosi successi del duo fino al 1994, quando Mauro deciderà di vivere la sua vita come un telefilm americano. “Hanno Ucciso l’Uomo Ragno” è il più eloquente biglietto da visita del mondo 883: testi semplici e diretti, qualche atmosfera dark a condire musiche ed arrangiamenti molto orecchiabili (per non dire elementari, da tastiera Bontempi come nel caso del primo album). Max e Mauro trasferiscono in note la loro vita adolescenziale di provincia, fatta di speranze ed illusioni. L’Uomo Ragno è il simbolo grazie al quale creano il primo grande feeling con il pubblico ma, non identifica solo il famoso personaggio dei fumetti Marvel. Rappresenta la purezza ammazzata dal mondo degli adulti. Gli 883, in tante canzoni degli esordi, parlano proprio di questo, del distacco dal mondo adolescenziale. L’Uomo Ragno rappresentava proprio il senso di non identificazione con il mondo degli adulti. Da sempre quando si cresce si lasciano da parte alcune cose del mondo della fantasia che appartengono alla nostra gioventù. Crescendo si cerca di salvaguardare un’integrità morale. Per questo per molti crescere può essere uno shock.

Settembre 1993: gli 883 a “Vota la Voce” con Vasco Rossi

In un certo senso “Hanno Ucciso l’Uomo Ragno” creò uno shock nelle classifiche. Quei due ragazzi di Pavia si ritrovarono nella chart (dei singoli) davanti a Madonna, U2, Bruce Springsteen, in quella degli album davanti a Michael Jackson. I numeri di quella canzone fanno paura ancora adesso: disco di diamante (seicentomila copie), quattro settimane al primo posto, quarto singolo più venduto dell’anno, esibizioni trionfali al Festivalbar e il Telegatto di “Vota La Voce”, dove Max e Mauro si fanno una foto con uno strafattissimo Vasco Rossi, pensando di immortale un sogno ad occhi aperti che non sarebbe più tornato. “Hanno Ucciso l’Uomo Ragno”, ovviamente, tornerà in tutti gli album celebrativi di Pezzali/883 e resterà il manifesto di una generazione di inizio anni Novanta che deve dimenticare in fretta il benessere del decennio precedente e fare i conti con le prime crisi che arriveranno nel nostro Paese (non solo economiche). In quella estate del 1992, gli 883 rappresentarono la sorpresa che non ti aspetti, quelli che si intrufolano abusivamente alla tua festa ma che poi ti risolvono la serata. “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” ci fece tanto divertire ma, spente le luci dell’allegria, riuscì anche a farci riflettere e, chissà, negli anni avvenire ha reso meno traumatico il passaggio dalla sala giochi alle responsabilità adulte. Senza contare che quasi tutti abbiamo sognato quella “solita notte da lupi nel Bronx”…   

Vincenzo Lombardi