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Non si sa quali poteri divinatori avesse. Forse era semplicemente un essere superiore. Per anni incompreso, come spesso accade con i geni. D’altro canto, anche di Steven Jobs dissero che era un matto. Una cosa è certa: è sempre stato avanti. Lo è ancora oggi, a 39 anni esatti dalla sua scomparsa. Il 2 giugno 1981, a soli 31 anni, si spegneva la vita di Rino Gaetano, che nel 2020 è ancora il più moderno e rivoluzionario dei nostri cantautori. Quindici anni scarsi di carriera (1976-1980) per conquistarsi un posto nell’eternità della canzone. Con tante profezie che continuano a segnare generazioni. Durante un concerto a Capocotta nel 1979 dichiarò: “Sento che in futuro le nuove generazioni canteranno le mie canzoni e soprattutto ne capiranno il significato. La comunicazione di massa sarà molto importante per capire quelle cose che stasera possono sembrare strane”. Una dichiarazione che faceva il pari con i tanti problemi di censura che causavano i suoi testi da “Nunteraggaepiù” a “Ti ti ti ti”, passando per “Berta filava” e “Il cielo è sempre più blu”. Il cantautore calabrese aveva avuto più di una rogna con censura, dirigenti RAI, organizzatori di kermesse. Ovviamente non era mancata qualche porta chiusa in faccia dai discografici che non credevano nel talento di quel ragazzo di Crotone che parlava di malaffari, emarginazione, solitudine e operai. Dicevamo della morte di Rino Gaetano avvenuta il 2 giugno di trentanove anni fa. Una notte trascorsa tra i locali con qualche bicchiere di troppo e con la sua Volvo 343 che finisce addosso un camion proveniente dall’altra corsia. Siamo sulla Nomentana. Il cantautore non muore sul colpo e arrivati i soccorsi inizia un’odissea ancora oggi oggetto di discussione. L’autombulanza fa dapprima tappa al San Camillo dove il ricovero viene rifiutato perché l’ospedale dichiara di non essere attrezzato al soccorso. Stesso discorso al San Giovanni. Ad accettarlo fu il Policlinico Umberto I che lo tenne “parcheggiato” in quanto il reparto di traumatologia non era funzionante. Dopo alcune ore di agonia venne constatata la morte. Anche per la sepoltura fu una sorta di “via Crucis”, con il cimitero del Verano che in un primo momento rifiutò le spoglie del cantautore per poi fare marcia indietro viste le numerose pressioni. Nel 2012, invece, il Comune di Roma gli ha dedicato una targa commemorativa nel palazzo dove Rino Gaetano ha abitato fino alla sua morte.

In tema di profezie è da brividi la canzone “La ballata di Renzo” scritta nel 1970 che racconta la morte di un uomo dopo essere stato rifiutato da tre ospedali ed infine anche dal cimitero. Nel testo di quel brano in pieno stile Gaetano si poteva ascoltare: “S’andò al san Camillo e lì non lo vollero per l’orario. La strada tutta scura. S’andò al san Giovanni e lì non lo accettarono per lo sciopero. Con l’alba, le prime luci, s’andò al Policlinico, ma lo respinsero perché mancava il vice Capo. In alto, c’era il sole, si disse che Renzo era morto, ma neanche al cimitero c’era posto”. Rino Gaetano, uno degli artisti più longevi ad amato da quasi cinque generazioni, capace di coniugare ironia, sberleffo, satira ed accuse al potere, fu capace con questa canzone di immaginare anche la sua morte. Dopo gli esordi sotto il segno del teatro, iniziò a frequentare il FolkStudio dove iniziavano a brillare le stelle di Francesco De Gregori ed Antonello Venditti. Proprio l’autore di “Roma Capoccia” fu tra i primi a rimanere impressionato da questo ragazzo del Sud con un vocabolario musicale davvero rivoluzionario. Tra i primi a scommettere su Rino Gaetano anche Vincenzo Micocci, il “papà” di tutti i discografici, colui che inventò il termine “cantautore”. Micocci produsse i primi due singoli di Rino Gaetano che andarono malissimo ma prima la musica sapeva aspettare e darti una seconda possibilità, non era usa e getta. L’attesa non fu vana: arrivano i successi, arriva la struggente “Mio fratello è figlio unico” (che forse per prima trattò il tema della disabilità sociale). La stella di Gaetano brilla nel firmamento della musica. Le classifiche e le vendite sono inarrestabili. Forse l’unico che non riesce a godersi i trionfi è proprio lui, che voleva fare musica per sentirsi libero di esprimere le proprie idee e non di sottostare alle logiche del mercato. A causa di una di queste strategie finisce al Festival di Sanremo del 1978. Era il 28 Gennaio e lui si presenta sul palco con un cilindro, un frac e un ukulele per cantare “Gianna“. Senza dubbio resterà la canzone più famosa di Rino Gaetano ma di certo non la migliore.

Lo stesso autore non amava questo brano e fu praticamente costretto a portarlo a Sanremo riuscendo comunque a piazzarsi al terzo posto. Per il Festival della Canzone Italiana fu una ventata di aria nuova, una canzone che usciva dai classici temi per raccontare una storia di libertino femminile. Anche su “Gianna” mille leggende intorno al significato: si parla di un trans beccato con un noto politico in un festino (“ma la notte la festa è finita…comincia un mondo diverso fatto di sesso…”). Si parla dell’Avvocato Agnelli (“un fiuto eccezionale per il tartufo…”), si parla di un’amica conosciuta sui banchi di scuola che sosteneva “tesi ed illusioni” per poi cambiare vita in nome della libertà sessuale. “Gianna” è uno dei singoli più venduti del 1978, si aggiudica il disco di platino per aver superato le cinquantamila copie e resterà per tante settimane ai vertici della hit parade.

Rino Gaetano è stato l’autentico outsider della musica italiana, uno al quale nessuno è riuscito a mettere i bavagli, uno che ha sempre rotto gli schemi qualunque ambiente abbia frequentato, Sanremo compreso. Rino Gaetano è sempre stato sé stesso e la sua discografia è ancora oggi terribilmente attuale. Dopo 39 anni, il suo cielo è sempre più blu e non si contano le cover band di ragazzi giovanissimi che portano in giro il suo patrimonio musicale. Un ultimo favore: siete arrivati alla fine di questo ricordo? Bene! Adesso riascoltate una delle canzoni simbolo di Rino Gaetano che trovate qui sotto. Presentata nel 1975 fu una delle tante rivoluzioni del suo universo. Il brano è composto da un elenco di peccati e peccatori, di vittime e carnefici. Vi sembra cambiata l’Italia? Se la risposta (come probabile) è “NO” è chiaro il concetto di chi era Rino Gaetano…

Vincenzo Lombardi