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MADDALONI- (di Antonio Del Monaco*) Antonio Ammaturo sognava fin da giovanissimo di entrare in Polizia; ci riuscì e cominciò ad operare nella prima parte della sua vita tra Bolzano, Avellino, Benevento e Potenza. Divenne vice questore e dopo alcuni trasferimenti, giunse al commissariato di Giugliano, in Campania: vi restò per circa 8 anni dando inizio alla sua dura battaglia contro la criminalità organizzata.

All’epoca il volto più noto della camorra in zona era Alfredo Maisto, che aveva rapporti anche col mondo della politica. Antonio riuscì ad arrestarlo, ma il malavitoso aveva le spalle ben coperte da alcuni esponenti della Democrazia Cristiana. L’arresto decretò infatti il trasferimento di Ammaturo in Calabria.

Anche lì il nostro Antonio si fece valere, dando tutto sé stesso per risollevare le sorti di una regione altrettanto sfortunata, stretta nella morsa dell’illegalità: si dedicò al contrabbando, allo spaccio, e in una sola notte arrestò sei latitanti a Gioia Tauro.

Rientrò a Napoli da vicequestore e capo della squadra mobile. Seguì con vivo interesse le indagini sullo strano sequestro dell’assessore Ciro Cirillo; un sequestro (e un misterioso rilascio) che coinvolse molti personaggi politici, servizi segreti, B.R. e criminalità organizzata.

Ammaturo fu tra i primi a fare irruzione nella casa del boss Raffaele Cutolo in via Della Rosa a Ottaviano: dieci malavitosi finirono in manette, compreso il figlio del boss, Roberto. Fu sequestrato del materiale importantissimo, tra cui un elenco di brogli elettorali inerenti alle amministrative del giugno 1980; non solo: furono trovati e sequestrati anche dei biglietti che provavano gli intrecci politici, uno indirizzato al Ministero dei Trasporti firmato dal Sottosegretario di Stato Raffaele Quaranta, un altro su carta intestata della Camera dei Deputati a firma del Segretario Generale, ed altri ancora ugualmente su carta intestata della Camera dei Deputati.

Ammaturo, dopo due settimane dal rapimento di Cirillo, scoprì che nella trattativa del sequestro erano coinvolte varie persone con specifici ruoli:stava dunque per giungere ad una svolta nella chiusura delle indagini. Antonio ne parlò col fratello dicendo che aveva scoperto qualcosa che avrebbe fatto tremare Napoli e l’Italia intera.

Ma quei bigliettini ritrovati a casa di Cutolo, improvvisamente, sparirono per opera del vicequestore Ciro Del Duca: non furono mai più ritrovati. Non si seppe più nulla anche della relazione che Ammaturo inviò al Ministero, tantomeno della copia per il fratello: quei documenti non videro mai luce, nessuna copia arrivò al fratello, mentre al Ministero sosterranno di non aver mai ricevuto nulla dal capo della Squadra mobile di Napoli.

Così, mentre stava per dirigersi in questura in un torrido pomeriggio d’estate, il 15 luglio del 1982, Antonio Ammaturo viene brutalmente assassinato insieme al suo agente Pasquale Paola, in Piazza Nicola Amore, in pieno centro.

Chi furono gli assassini? A sparare due uomini delle Brigate Rosse. Ma quel giorno, dietro le quinte, c’erano anche uomini della camorra, la vera mandante dell’agguato. I membri del commando e gli esecutori dell’omicidio furono condannati all’ergastolo, ma nulla mai si scoprì in merito ai mandanti, rimasti nell’ombra. Chi voleva realmente la morte di Ammaturo? Dietro al sequestro Cirillo si nascondeva e ancora oggi si nasconde tutta la verità… ma la chiave per aprire quella porta non fu mai più trovata.

Antonio Ammaturo fu un grande esempio di legalità, un uomo onesto che indossò orgogliosamente la divisa della Polizia. Un uomo di Stato che conosceva perfettamente i rischi che correva e che senza alcuna esitazione, fino alla fine, ha portato avanti complesse e pericolose indagini in nome di quella verità che la sua coscienza ha sempre ricercato.

  • deputato del Movimento Cinque Stelle
Redazione